Home » Studi e ricerche » Dove sta andando la scuola italiana?

Dove sta andando la scuola italiana?

Pubblicato il: 09/09/2010 17:16:57 -


Vittoria Gallina commenta il rapporto dell’Ocse “Education at a glance 2010”, che fotografa la situazione nell’ambito dell’istruzione e della formazione in 34 paesi del mondo.
Print Friendly, PDF & Email
image_pdfimage_print

“Education at a glance 2010”, il rapporto dell’Ocse sui sistemi formativi dei paesi aderenti e partner, è stato rilasciato a Parigi il 7 settembre. Si tratta di un lavoro di ricerca importante, che presenta molti dati, offre linee interpretative utili per la riflessione sullo stato dell’educazione nel mondo attuale e dovrebbe sollecitare azioni politiche e assunzioni di responsabilità adeguate (l’uso del condizionale nasce spontaneo, se il punto di vista è quello del lettore italiano). Il rapporto è indirizzato infatti al mondo dell’educazione nel suo complesso e soprattutto al mondo dei decisori politici, di quanti hanno potere e competenza di indirizzo e di gestione.

Il problema centrale del rapporto è l’attuale crisi globale: i paesi si trovano di fronte alla necessità di produrre bilanci sostenibili e nello stesso tempo devono garantire le condizioni per la crescita economica, l’educazione si trova al centro di questa sfida, perché è una delle voci di spesa più pesante nella maggior parte dei paesi, ma, nello stesso tempo, è un investimento essenziale per sviluppare potenzialità di crescita di lunga durata e per stare al passo con i cambiamenti tecnologici e demografici che oggi ridefiniscono i mercati del lavoro globali. L’Europa aggiunge a queste sfide l’obiettivo di garantire una società equa ed inclusiva (Si vedano le Strategie di Lisbona).

Gli indicatori elaborati questo anno focalizzano soprattutto questi punti:
1) Le risorse pubbliche investite in educazione sono fortemente produttive in termini di ritorni economici; una persona con un livello di istruzione terziara (accademica e non), durante la vita lavorativa non solo guadagna di più, di chi ha al massimo un titolo di scuola secondaria, ma paga tasse e contributi sociali più elevati (questo per limitarsi al mero calcolo economico), e soprattutto garantisce alla collettività vantaggi indiretti nei diversi ambiti della vita sociale e produttiva. Vale la pena di richiamare qui Amartya Sen (“Globalizzazione e libertà”, Mondadori, Milano 2002) che, riferendosi al bene istruzione, ricorda che “La valutazione dello sviluppo non può essere separata da quella delle possibilità di vita e di libertà di cui effettivamente le persone godono”.
2) Le persone con livelli bassi/molto bassi di istruzione hanno maggiori difficoltà nel trovare e mantenere il lavoro; il rischio medio di inoccupazione che l’Ocse valuta per il 4% di chi ha una istruzione terziaria, sale al 9% e oltre di chi non raggiunge la scuola secondaria superiore.
3) I cambiamenti del mercato del lavoro accrescono la richiesta di competenze qualitativamente elevate, gli adulti hanno pertanto bisogno di rientrare in percorsi di istruzione e formazione, la media Ocse di popolazione in età lavorativa, che partecipa ad attività di apprendimento formale e non formale, supera il 40%.

Il rapporto mostra i vantaggi che derivano dalla istruzione/formazione in tempi di crisi finanziaria ed economica, e richiede efficacia ed efficienza ai sistemi formativi; i vari paesi si trovano quindi di fronte alla necessità di impegnarsi perché l’investimento in istruzione sia sempre più produttivo e rispondente a un mercato del lavoro e a una società in continua trasformazione. Non si tratta di ridurre e/o limitare l’investimento in questi settori, ma di sostenerlo e di adeguarlo nelle realtà concrete.

Gli indicatori evidenziano in modo puntuale l’esigenza di indirizzare gli sforzi verso profonde trasformazioni, che re-inventino strumenti, opportunità, percorsi di studio e professionali, e mettano in luce le situazioni in cui i sistemi perdono in termini di mancato raggiungimento di obiettivi fondamentali, quali l’incremento di popolazione con elevati titolo di studio e/o l’accesso a nuove opportunità di apprendimento. Nella comparazione l’Italia presenta un quadro veramente preoccupante (si evidenziano solo alcuni dati in via esemplificativa e si rimanda alla lettura del rapporto (si veda in calce):
• Contro la media Ocse del 5,75% del PIL dedicato all’investimento istruzione, l’Italia spende il 4,5%
• La spesa annua complessiva italiana per studente, pari a 7.950 dollari, è inferiore alla media Ocse (media Ocse 8.200); se si osserva poi l’università, la spesa di 8.600 dollari per studente (comprensiva dell’attività di ricerca) è molto lontana da 13.000 dollari (spesa media Ocse).
• Solo il 14% della popolazione adulta italiana 25-64 anni ha una laurea, contro la media Ocse del 28%, sono meno anche i diplomati (53% contro 71%). Il numero dei laureati è però aumentato (+5,3% medio annuo rispetto al 1998) e raggiunge il 20% nella fascia d’età 25-34 anni (ma la media Ocse è del 27%). L’85% dei giovani arriva al diploma di scuola media superiore, ma all’università si iscrive solo il 51% (contro la media Ocse del 56%), le donne in maggior misura degli uomini. Lo spreco di scuola nel nostro paese non si determina solo come dispersione nella scuola primaria e secondaria, ma anche come mancato passaggio all’università di giovani, che, pure, hanno fatto percorsi che li dovrebbero portare a continuare gli studi.
• La media Ocse di adulti che frequentano qualche corso di educazione formale e/o non formale è il 60% dei 25-64enni, in Italia si raggiunge a stento la percentuale del 21%.
• Gli insegnanti sono pagati meno: un docente di scuola elementare guadagna circa 10.000 dollari meno della media Ocse (48.000). Un professore di scuola media 9.000 (51.000 media Ocse), mentre un docente di liceo arriva a 44.000 (contro i 55mila della media Ocse).
• Nel mondo del lavoro la discriminazione di genere supera la media Ocse e penalizza soprattutto le laureate: per un lavoro a tempo pieno una donna percepisce in un anno una retribuzione pari al 54% (media Ocse 72%) della retribuzione di un uomo.

Questi dati da soli e i molti altri che il rapporto evidenzia sono largamente sufficienti a dimostrare quanto le politiche degli annunci e le strategie capaci di proporre solo miopi risparmi siano lontane dalla esigenza reale di garantire nel nostro paese il diritto costituzionale alla istruzione.

Per approfondire:
Il rapporto “Education at a glance 2010”
La scheda riassuntiva del rapporto in lingua italiana

Vittoria Gallina

63 recommended

Rispondi

0 notes
1790 views
bookmark icon

Rispondi